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Il male oscuro di Procida.

di Michele Romano

Procida con i suoi colori, con il suo mare, con i suoi bei siti (Terra Murata, Corricella, Chiaiolella, Marina Grande, l’isolotto di Vivara, gli orti, i giardini, quelli non ancora annientati e violentati dalla brutalità di azioni speculative di bassissimo profilo) raccoglie in sé tutti gli elementi fondanti per essere un luogo sereno, tranquillo, gioioso, armonico con la natura, insomma, come si suol dire un’isola felice.

Invece, cosa che si nasconde sotto il cielo incantato della nostra meravigliosa isola?

Un oscuro e profondo malessere che viene svelato attraverso lo scandagliare e monitorare le dimensioni socio-sanitarie del territorio in cui emerge un dato, allo stesso tempo impressionante e preoccupante, cioè che una fascia sempre più ampia della popolazione si reca presso le strutture sanitarie di salute e igiene mentale, per di più nella previsione degli addetti ai lavori, con un flusso in entrata, in ulteriore crescita.

Certamente l’espansione di tale problematica se, da una parte, racchiude in sé qualcosa di sorprendente, dall’altra parte, scavando dentro la costante quotidianità della vita isolana di questi ultimi decenni, un perché, una risposta plausibile è possibile cercarla? E dove? Nel fatto che il nostro territorio, nonostante le piccole dimensioni, negli ultimi tempi, progressivamente, ha alquanto affievolito o quasi smarrito, il comune sentire solidale tanto da far prevalere gli elementi egoistici ed egocentrici con tutte le conseguenze del caso, per cui i soggetti più fragili cadono sotto i colpi dell’incomunicabilità, dell’isolamento, della violenza e della sopraffazione.

Tutto ciò si è accentuato, anche, per una totale assenza delle agenzie educative (dalla politica, alla scuola ed altre), tutte racchiuse nei propri mediocri orticelli. Pertanto, ci si trova ad essere non più cittadini isolani ma isolati. Ed è proprio nella stratificazione della dimensione dell’isolamento e dell’abbandono che si esplica una notevole fermentazione della patologia di cui ne abbiamo espressa l’entità assunta nella nostra terra; altresì, deve essere concatenata alla profonda crisi depressiva socio-economica che ha investito la società occidentale. Comunque, l’aver messo in risalto il dramma che sta investendo Procida, vuole essere un tentativo di ricordare alle suddette  “Agenzie Educative”, in primis la “Politica”, di uscire dal torpore solipsistico e riappropriarsi dell’essenza e della ragion d’essere del valore e dell’agire politico che si fonda sulla lotta per il “bene comune”, la cui prima pietra miliare è quella di porre al centro il rispetto e la dignità  di ciascun singolo della collettività.

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2 commenti

  1. Credo che Michele come al solito abbia colto nel segno. Il dispiacere piu’ grande e’ che essendo Procida un territorio piccolo e delimitato ci sarebbero le condizioni affinche’ il rispetto e l’accoglienza di ogni singola persona fosse una cosa “normale”. Riappropriamoci del bello che c’e’ in ognuno di noi e non perdiamo occasione di apprezzarlo in qualunque altro dei nostri concittadini.

  2. *Ascoltavo una scrittrice Procidana”che  non ricordo il nome”ma teorizzava il sentirsi,vista la grande tradizione marinara, orfani di padri e per questo abbandonati a se stessi.Altri scrivevano !figli di padri malati”Ho letto il Padre, non come figura genitrica ,ma come guida indirizzo      Quindi caro Michele, come non darti ragione?????? Quando il padre pensa solo al suo piccolo problema ,non ti è vicino, non è capace di mostrarti una strada fatta di speranza gioia e condivisione, la paura,il dramma la solitudine assale la tua mente e come l’ ambiente che ti circonda si deteriora anche tu viene aspirato in questo vortice.

    Un abbraccio

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