La cena del Giovedì Santo, da sempre, è stata esclusiva dell’Arciconfraternita dei Bianchi. Essa è la rievocazione dell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. Fin dall’istituzione di questa funzione la cena si è svolta sempre con i prodotti del mare. Era una cena povera: si consumavano pesci di poco valore (acciughe, sarde, cefalotti). A Procida non c’era la cultura dell’agnello per ricordare la Pasqua ebraica. Dopo la chiusura della chiesa di San Giacomo, questa funzione è stata abolita insieme al sodalizio dei Bianchi. Con la riapertura dell’Arciconfraternita in San Vincenzo tutta la funzione del Giovedì Santo ha subìto una radicale trasformazione, soprattutto nella collocazione. Un tempo si teneva nella chiesa di San Michele, ora si svolge tra le parrocchie di San Antonio da Padova e San Antonio Abate. Ma, soprattutto, ha subìto un cambiamento profondo il modo di allestire e consumare la cena. A Terra Murata la cena si consumava nel camerone della sagrestia ed era appunto una cena povera. Ora si allestisce un vero e proprio cenacolo nella ex chiesa di San Giacomo. L’introduzione dei simboli ebraici (agnello e candelabro a sette braccia) risale al 1980, anno del ripristino. Nel corso degli anni si è divulgata tra il popolo l’affermazione che gli apostoli mangiano smisuratamente e si ubriacano. Voglio smentire assolutamente questa diceria. Se qualcuno non regge un bicchiere di vino è un caso isolato. Il cenacolo è allestito soprattutto per distribuire il pane benedetto ai fedeli. Per dare forza alla voce dei confratelli, quest’anno è stato deciso di eliminare qualsiasi sfarzo, anche in termini di addobbi. Sarà una funzione molto sobria in cui si benedirà il pane e si distribuirà ai fedeli. I confratelli mangeranno simbolicamente due acciughe e intraprenderanno il percorso penitenziale.
Poiché, come di consuetudine, i confratelli per allestire questa cerimonia si autotassano, il ricavato quest’anno sarà destinato a un fondo cassa che servirà a permettere alcuni lavori urgenti in San Vincenzo, in primis il rifacimento in toto dell’impianto elettrico.