Procida. Rflessioni sull'incontro: "Pirateria e migrantes"

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Di Sergio Zazzera (fonte procidamia.it)

Un interessante convegno si è svolto nell’aula magna dell’Istituto superiore “F. Caracciolo” di Procida il 18 aprile, organizzato dall’istituto medesimo, dalla proloco e dall’Apostolato del mare, sul tema: «Pirateria e migrantes: sicurezza e solidarietà».

Nel corso di esso, il comandante Michele Sasso, presidente del locale Circolo capitani l.c. e d.m., e monsignor Michele Ambrosino, rettore del Santuario di San Giuseppe alla Chiaiolella, si sono soffermati soprattutto sul tema della migrazione : quest’ultimo particolarmente su quella dei pescatori procidani che si recavano in passato a svolgere la loro attività a Trieste; Sasso ravvisandovi, a sua volta, la conseguenza della necessità. Viceversa, don Giacomo Martino, dirigente dell’Apostolato del mare, ha esaminato principalmente i problemi connessi con la pirateria, in continua crescita, tra il disinteresse degli Stati, fino alla formazione di una spirale che fa evolvere (o involvere?) la carenza di solidarietà in difetto di sicurezza.

Il tema del convegno mi sollecita, però, a formulare qualche osservazione, proprio su qualche aspetto della pirateria. La prima: vi fu un momento in cui ci si convinse che per determinare l’estinzione di questa illecita attività fosse necessario e sufficiente configurarla come crimine internazionale (delictum iuris gentium), pur rimettendone in ogni caso il perseguimento ai singoli Stati; i fatti hanno dimostrato, però, che l’idea degl’internazionalisti era poco più che una pia illusione.
Il secondo: fra il secolo XVI e il secolo XVII venne a determinarsi la distinzione fra pirateria e “guerra di corsa”, intendendosi quest’ultima come l’esercizio della prima per conto del sovrano (si pensi, per tutti, a Sir Francis Drake, “corsaro della Regina”); ma, allora, sarà più corretto qualificare “guerra di corsa” almeno l’attività piratesca delle bande operanti al largo delle coste africane, dal momento che le loro razzie risolvono in buona parte il problema della carenza di attività occupazionali lecite in quei paesi, del quale proprio le autorità di questi ultimi (= gli odierni “sovrani”) dovrebbero farsi carico.

Un’ultima osservazione sento, infine, di poter proporre all’attenzione dei lettori, proprio mentre scrivo queste righe, ma stavolta sul tema delle migrazioni: siamo davvero sicuri che la politica di respingimento dei migranti tunisini, perseguita dalla Francia, non sia una sorta di nemesi per la perdita delle coste nordafricane, risalente ad alcuni decenni fa?
Sergio Zazzera

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