Cresce il business della protezione delle navi dai pirati somali.

Un interessante articolo sulla questione pirateria tratto da Lettera22 per il Fatto Quotidiano.

Mentre i predoni del mare sono tornati a colpire, prende sempre più corpo un’attività molto fiorente: la protezione ‘privata’ dei carghi, liberalizzata a luglio scorso da decreto ad hoc del governo italiano .

Il 19 settembre scorso, in Mozambico, nella città di Nampula, sono state arrestate cinque persone: quattro cittadini britannici e uno statunitense. L’accusa era di possesso illegale di armi. I quattro si sono difesi dicendo di essere contractors della GreySide, una compagnia di sicurezza privata. Il presunto leader del gruppo, Michael Ferguson, statunitense di 42 anni, ha spiegato alle autorità mozambicane – che hanno rilasciato tutti e cinque – che la sua unità aveva in programma di imbarcarsi su una piccola nave a Pemba e poi fare rotta verso nord, dove avrebbe dovuto trovare una nave più grande e iniziare a “dare la caccia ai pirati” somali. L’obiettivo era di liberare uno dei 18 vascelli che al momento sono nelle mani dei pirati somali, per un totale di 342 marinai delle più svariate nazionalità.

Il caso dei cinque di Nampula non è unico. Ad agosto si era conclusa felicemente un’altra vicenda. Due piloti israeliani erano stati arrestati dalle autorità eritree con l’accusa di trasportare armi e “parti meccaniche sospette”. Dopo l’intervento dell’ambasciata israeliana ad Asmara, i due, Yehuda Maoz e Vered Aharonson, sono stati liberati non prima di aver passato un mese agli arresti domiciliari. Dalle indagini è emerso che il materiale trasportato dai due piloti – secondo la stampa israeliana – comprendeva anche Ak47 e parti di armi destinate al personale di una compagnia di sicurezza israeliana a bordo di una nave battente bandiera liberiana, ormeggiata in Eritrea e diretta verso il Golfo di Aden.

Le attività dei pirati somali, riprese in queste ultime settimane dopo la fine del monsone, stanno alimentando un grosso giro d’affari che riguarda le compagnie di sicurezza private (Psc) che offrono personale specializzato da imbarcare sui vascelli diretti nelle zone più a rischio: lo specchio di mare tra il sud della penisola arabica, le coste somale e l’Oceano indiano, innanzi tutto, ma anche e in misura crescente il Golfo del Benin, in Africa occidentale.

Il sequestro della Montecristo è avvenuto a pochi giorni dall’approvazione definitiva, in Parlamento, del decreto legge 107 del luglio scorso – il Decreto missioni – che all’articolo 5 contiene le norme da lungo tempo attese da Confitarma, la Confederazione degli armatori italiani. La nuova legge prevede che sulle navi battenti bandiera italiana possano essere imbarcati – a carico degli armatori – dei Nuclei militari di protezione, composti da personale della Marina Militare (il battaglione San Marco) o di altre armi. Il memorandum di intesa tra il ministero della Difesa e Confitarma che viene firmato oggi, in attesa dei decreti attuativi, rientra proprio in questo accordo quadro per proteggere le navi italiane. Inoltre, il decreto prevede che sia possibile imbarcare anche personale di aziende private di sicurezza, con status e leggi che fanno riferimento alle guardie giurate.

“L’Italia per una volta si muove prima degli altri paesi, con una legge necessaria – commenta Mark Lowe, direttore della rivista specializzata Maritime Security Review – . Ma rimangono da risolvere, e in tempi brevissimi, alcuni problemi legali e tecnici, oltre al fatto che in Italia non ci sono aziende italiane specializzate nella sicurezza marittima”. Lowe sottolinea quali sono i problemi: “Devono essere chiare, e devono esserlo subito, le regole d’ingaggio e le procedure operative standard, per esempio, ma anche il tipo di armi che i militari o i contractors privati sono autorizzati a portare a bordo – spiega Lowe – . Nonché la catena di comando e chi sia autorizzato a prendere decisioni. Su una nave il responsabile ultimo è il comandante. A chi toccherà decidere in situazioni critiche o stabilire se una imbarcazione che si avvicina alla nave è una minaccia o meno? Il personale che si occuperà di questi incarichi di sicurezza dovrebbe ricevere un addestramento specifico per evitare incidenti potenzialmente molto pericolosi”. E’ chiaro, poi, che questa legge vale solo per le navi che battono bandiera italiana, ma non si applica a quelle che usano altre bandiere, anche se sono di proprietà italiana. Inoltre, bisognerà stabilire degli accordi bilaterali con i singoli paesi per autorizzare il transito di navi con a bordo personale armato. “Tutte queste misure di protezione vanno bene e purtroppo sono necessarie – aggiunge Lowe – Ma non bisogna dimenticare che i problemi della pirateria nascono essenzialmente dalla situazione sulla terraferma. Quando i problemi a terra saranno risolti, allora si potrà anche pensare a come sconfiggere i pirati”.

In attesa che la comunità internazionale si muova per affrontare i problemi della Somalia, la protezione delle navi è un business in crescita a cui le Psc di tutto il mondo guardano con interessata attenzione.

di Joseph Zarlingo

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