Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte.
Io non so ben ridir com’i’ v’intrai,
tant’era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.
Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto,
guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.
Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.
E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l’acqua perigliosa e guata,
così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.
(primo verso del paradiso)
La gloria di colui che tutto move
per l’universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
Questi versi (per qualcuno che l’ha dimenticato)sono parte del primo canto dell’inferno della DIVINA COMMEDIA e il primo verso del paradiso.
A scuola : evidentemente dovuto alla fanciullezza, vedevamo come un obbligo, (non tutti) non eravamo avvezzi alla lettura,specie alla Divina Opera – da grandi, leggerla è un piacere meraviglioso,ed è sempre attuale, insegna tante cose, cos’è la nostra esistenza. Cos’è la vita, cos’è la morte.
Salva Costa da Procida