In un Paese degno di poter essere definito civile, il 1° Maggio dovrebbe rappresentare un giorno di Festa per le lavoratrici e i lavoratori italiani i quali, invece, a causa dell’infame sistema economico e sociale capitalistico che soffoca diritti e speranze, sono costretti a subire sfruttamento, povertà, disoccupazione, discriminazioni e disuguaglianze. E oggi rattrista il cuore dover constatare che la classe lavoratrice italiana dopo il tradimento subito dai vertici dell’ex PCI e da quelli della CGIL vendutisi alle perverse logiche del capitale, si sia rassegnata a patire angherie e soprusi dalla razza padrona la quale, approfittando della cosiddetta crisi economica, si sente autorizzata a sfruttare ancora più disumanamente i propri dipendenti. Inoltre, grazie alle ultime controriforme del lavoro con cui centrodestra e centrosinistra sono arrivati persino a cancellare l’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, le masse popolari del nostro Paese vivono uno dei periodi più bui della storia repubblicana fatto di precarietà, sfruttamento, disoccupazione e povertà. Condizioni disumane che hanno spinto molti anche al suicidio. Ecco perché oggi non c’è nulla da festeggiare, ma solo da lottare. L’augurio che faccio alle lavoratrici e ai lavoratori italiani, quindi, è quello di riprendere presto la lotta di classe per vedersi riconosciuti i propri diritti. Una lotta che per essere definitivamente vincente deve inevitabilmente passare per il superamento dell’infame sistema economico e sociale capitalistico e la costruzione del Socialismo con cui si metta fine al barbarico sfruttamento dell’uomo sull’uomo e si garantiscano a tutti uguaglianza economica e sociale. E il partito Comunista Italiano Marxista-Leninista guidato dal Segretario generale Domenico Savio di cui mi onoro di essere un umile militante, lavora da sempre a questa prospettiva. Personalmente nel giorno del 1° Maggio mi piace ricordare mio nonno Gennaro Savio perché se sino ad oggi, tra non poche difficoltà, ho dedicato la mia intera esistenza a battermi per la tutela degli interessi dei più deboli, lo devo solo ed esclusivamente agli insegnamenti e all’esempio suo e di mio padre Domenico. E non a caso a mio nonno Gennaro, nato nel 1913 e morto nel 1997, negli anni scorsi a Forio è stata intitolata una strada quale “Difensore dei diritti dei lavoratori”.