Gli italiani: un popolo di santi, maghi, furbi o fessi?

nicola silentidi Nicola Silenti

«L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono». Chissà se immaginava di essere ricordato come un oracolo o un profeta Giuseppe Prezzolini, il grande giornalista e scrittore italiano che vergò quasi un secolo fa (era il 1921) l’amaro aforisma di cui sopra. Il tragico, spietato ritratto di un paese, l’Italia, che in un intero secolo di storia, a dispetto di guerre, governi e parlamenti, non riesce a offrire altra rappresentazione di sé che quella della patria dell’ingiustizia, dell’iniquità e della sopraffazione. Un paradiso a misura di birbante, affollato da una maggioranza di camaleonti, furfanti e opportunisti in cui a portare la croce è una cospicua eppure indifesa minoranza di onesti, sventurata colonna vertebrale sana di un organismo infido.

I tempi reclamano coraggio, e niente richiede più coraggio dell’osare dire la verità: e la verità dei fatti è che l’immagine di una nazione per la gran parte integra e virtuosa, ma scalfita da una minoranza guasta e corrotta, è da buttare per intero al macero. Così come merita il macero la strampalata teoria sul popolo di santi, poeti e navigatori in cui il numero delle persone perbene e quello degli inaffidabili si equivale.

L’Italia è oggi un paese che esiste, sopravvive e resiste ai marosi di un’epoca inquietante e spietata solo grazie a una ristretta minoranza: un trenta per cento di cittadini onesti e morigerati, costretti a fare i conti quotidiani con l’incontrollabile e tutt’altro che sobria maggioranza di connazionali votata all’espediente, all’artificio e all’intrigo. Un armamentario da commedia all’italiana di cui tutti, “furbi” e “fessi” nessuno escluso, pagano il conto salato delle sue tragiche conseguenze.

Un conto da brivido fatto di numeri inequivocabili: i numeri di un immane debito pubblico , di un’evasione fiscale senza paragoni e di un’economia criminale capace di generare nel solo 2014 un fatturato di 170 miliardi di euro alla faccia di una crisi economica senza precedenti e di un esercito di senza lavoro che ingrossa ogni giorno di più le sue tragiche fila. Numeri degni del paese più corrotto d’Europa, come sancito dalla recente classifica del Corruption Perception Index 2014 di Transparency International, organismo che studia il livello di corruzione nel mondo e che colloca l’Italia al 69esimo posto della graduatoria generale..

Ma la voragine di dissolutezza e immoralità che inghiotte ogni giorno sempre più l’anima del nostro Paese non è solo una questione di numeri. E’ nell’eterna litania scandita dalla cronaca quotidiana dei media, con una prima pagina perpetua di scandali, arresti e mazzette e di imprenditori, amministratori pubblici e burocrati vari acciuffati con il sorcio in bocca, in un profluvio di Mafie capitali, Expo, Parentopoli e Tangentopoli varie.. E’ nella falsa e inattendibile battaglia politica del “tutti contro” che sa tanto di “tutti insieme appassionatamente”, nei visi contriti a favore di telecamera e nelle invettive incrociate da salotto TV e nell’atmosfera imbalsamata di una vita pubblica dedita a un’eterna, incessante campagna elettorale. Una campagna elettorale che, da tempo immemore, riesce nell’ormai proverbiale gioco di prestigio: concludersi senza vinti perché son sempre tutti vincitori.

da Facebook

Intanto, l’Italia muore.

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