Procida: La lanterna di Diogene

di Michele Romano
Raccontare, entrare dentro lo stato d’animo e il senso del vivere, le aspettative di una comunità quale stagione migliore dell’estate predispone a comprendere la dimensione, la consapevolezza delle angosce, frustrazioni e speranze che si annidano in esse.
Ebbene cosa si riscontra a Procida? Da un lato ciò che prevede il senso comune si può ricavare dalla narrazione che, negli incontri quotidiani, donne uomini, giovani, anziani esplicano. Qui emerge un sentimento di smarrimento, di abbandono, di sfiducia, di isolamento, di assuefazione al fai da te tanto da far diventare cosa naturale il vivere con furbizia, di attenersi a comportamenti scorretti e illegali creando danni per se e per gli altri (vedi questione dei rifiuti). Inoltre, visitando i luoghi sacri del raduno giovanile (locali così detti ludici) si rilevano due sentimenti apparentemente contrastanti tra loro: il primo di profondo distacco con il territorio, il secondo di rabbia sottile, al momento sommersa dovuta alla prospettiva di un futuro nebuloso, oscuro e insidioso tanto da poter scalfire le radici della speranza così connaturata alla vis (forza, vitalità) e alla freschezza della verde età. Dall’altra parte mettere in risalto questi indicatori socio-pedagogici significa addentrarsi nei meandri di quelle strutture e sovrastrutture che sono gli assi portanti di qualsiasi società, Sato o Comunità che sia.
Così assistiamo, in sintonia con il quadro nazionale ed oltre, che l’arte nobile della politica, la cui essenza è porsi al servizio del bene comune, ha chiuso completamente i battenti per rifugiarsi nel randagismo e nell’inadeguatezza dei singoli con i loro mediocri e deleteri egoismi ed acquisizione di potere.
Che una struttura educativa fondamentale come la scuola esplica un vissuto non all’altezza del suo compito che è quello di contribuire alla formazione alla crescita di soggetti creativi, consapevoli e capaci pronti ad entrare nel vivo della realtà complessa, al contrario rendendoli avulsi da ciò che li circonda e indirizzandoli alla logica della furbizia e dell’opportunismo.
Che una istituzione così alta e sublime come la Chiesa sta trasmettendo la sottile sensazione di voler chiudere in un angolo tutto ciò che è stato lo spirito profetico del Concilio Giovanneo e ripristinare con soavità le asprezze dell’integralismo e del fondamentalismo memori del Concilio di Trento. E’ in questa direzione anche l’ecclesia locale sta offrendo segnali alquanto contraddittori chiudendosi a riccio nei propri ambiti culturali tanto da rendere estraneo da sé sia la configurazione della diversità, per cui ogni forma di dialogo viene a perdere la significanza, che le problematiche sociali sempre di più incentrate da un sistema diffuso di illegalità di abusi e di soprusi, tanto da configurare zone grigie alquanto criminose.
In questo quadro e in un clima in cui gli spazi pubblici diventano sempre più irrilevanti (vedi zone portuali e le spiagge dove, in un prossimo futuro si assisterà al paradosso che bambini nati nel bel mezzo del mare saranno costretti a vederlo solo con l’ausilio di un binocolo offerto da qualche buon sammaritano) si è del tutto smarrita la ragione d’essere paese e delle proprie linee guida culturali, sociali ed economiche. Purtroppo, a sostegno di tale smarrimento, rappresentano preoccupanti testimonianze convegni, interviste, giornali locali ed extraterritoriali che conducono tutto a faraonici e frenetici progetti su ciò che insieme all’isolotto di Vivara costituisce l’emblema e la raffigurazione viva della nostra isola: la cittadella di Terra Murata e l’Abbazia di San Michele Arcangelo.
A tal proposito, con i tempi che corrono, dove risiedono sani e forti imprenditori che investono, forse bisogna arruolare Diogene con la sua lanterna. Inoltre, visto che in queste fantasmagoriche ipotesi di realizzazione è scomparso l’antico sito Micaelico mi chiedo: si è deciso l’abbattimento murario?
Per cui cittadini svegliamoci e rinnamoriamoci del nostro territorio, liberiamoci da queste stramberie, iniziamo a riscrivere, ciascuno per la propria parte di responsabilità e partecipazione, un profondo rinascimento della meravigliosa terra che c’è stata donata da Dio e dalla Natura.

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