Procida. vendesi beni comunali. Ultimi affari

Consiglio comunale: messi in vendita ulteriori cespiti “improduttivi”

di Salvatore Iovine (Procidamia.it)

Davvero invidiabile l’ottimismo sfoggiato dal primo cittadino nell’ultimo consiglio comunale del 18 luglio scorso. Infatti era molto compiaciuto di aver dimezzato il deficit del 50%, grazie alla pluriennale vendita dei gioielli di famiglia e convinto che con ilprogressivo turn-over dei più anziani impiegati pubblici potrà azzerare il deficit in pochissimo tempo.

Dopo decenni di finanze allegre, stile Las Vegas, il compromesso futuro finanziario di Procida si preannuncia all’insegna di vacche sempre più scheletriche, con un bilancio comunale asfittico, zavorrato dalle scellerate gestioni degli ultimi lustri, caratterizzati da investimenti e affitti stellari per eldoradi culturali da cui essere sfrattati, assunzioni esorbitanti di autoctoni vigili urbani e impiegati in società partecipate, nonostante la Corte dei Conti denunciasse da tempo la spaventosa rigidità strutturale (rapporto spese personale/ spese correnti) del Comune di Procida di ben oltre il 60%, rispetto alla media italiana oscillante intorno al 40%.

Un inspiegabile ottimismo, nonostante gli scenari nazionali da apocalisse finanziaria, alimentati dalla più oscenaclasse politica che lo Stivale abbia mai avuto negli ultimi 150 anni, esposto ai raid micidiali di una spietata speculazione internazionale da tempo sedotta dai pacchiani show di una massa di volgari ladruncoli di stato ecorrotti politici, di massoni, da ministri inconsapevoli di essere proprietari ed inquilini, da baiadere e danzatrici di lap dance, trasformate da un improbabile Caligola, in ministri della repubblica o in consigliere regionali.

Speculazioni finanziarie che si traducono in pochissime ore in interessi macigno, tasse insostenibili e tagli ai

trasferimenti agli enti locali. Un ottimismo fuori luogo, per un deficit cronico, tutt’altro che episodico, che dopo le ultime svendite ritornerà a risalire in poco tempo ai livelli prevendita del patrimonio comunale: è come se una famiglia con una spesa annuale di ventimila € e nessuna entrata, dopo aver venduto per pari importo l’ultima auto a disposizione, pensasse di brindare per aver risolto definitivamente i suoi problemi, senza contare che l’anno dopo

si ripresenteranno le stesse spese di ventimila €, da fronteggiare con entrate inesistenti.

A parere di chi scrive, di questo passo e con la medesima “logica”, qualora Terra Murata diventasse patrimonio comunale, si presenterebbe una altra ghiotta occasione per definire quel monumentale complesso, “improduttivo” e continuare a svendere per fare cassa, alimentare clientele, riprendere a fare assunzioni inutili e improduttive di giovanotti che soffrono di mal di mare. Definendo “improduttivo” il residuo patrimonio immobiliare della

collettività isolana, da svendere per tirare a campare, l’Amministrazione ha di fatto vilipeso la memoria storica dei propri benefattori del passato, di coloro che con le loro liberalità e il loro grande cuore, vollero arricchire la terra natia e le future generazioni. A differenza di coloro che per essere eletti sempre e comunque, a tutti i costi e ad ogni elezione, pensando di essere indispensabili salvatori dell’umanità, con le loro reti clientelari, hanno di sicuro ipotecato il futuro delle prossime generazioni, i loro nipoti e pronipoti compresi.

Bisogna comunque riconoscere al primo cittadino, almeno una percettibile ansia e/o smania di fare nell’immediato futuro, in termini di decoro urbano e mobilità: ci riferiamo, cioè, ai piani di implementazioni di bici, auto e bus elettrici, di traslocare tutti i reperti archeologici di Vivara presso la succursale Orientale di Terra Murata per una sorta di centro studi dedicato; sperimentare una raccolta rifiuti door to door presso gli esercenti commerciali;

ridare prestigio e lustro alla “mitica” Piazza della Repubblica, massacrata da un decennio di squallore e dal gusto kitsch della casta locale che scambiò per una provocazione del Bernini, una sorta di aiuola fallica.

Quelle illustrate ieri dal sindaco, sembrerebbero piccole ma tangibili opere che inizierebbero ad evidenziare un minimo di sensibilità per la cura del territorio e un certo pollice verde, piuttosto che gli schizofrenici e anguillanti orari dei divieti imposti nei week-end, i mega depuratori mai decollati, i fallimentari cassonetti interrati e ifantomatici ripascimenti degli arenili.

Non ci convincono per nulla, invece, per quanto concerne il tema “bilancio 2011”, le sue perenni critiche all’opposizione per la mancanza di proposte: a parere di chi scrive è come pretendere da coloro che non hanno mai governato e che si sono sempre opposti a certi modus operandi, ricette miracolose ahimè inesistenti, quando la causa di ogni male è ascrivibile esclusivamente a chi pensava follemente di attingere all’infinito da inesauribili ed immaginari pozzi di San Patrizio. In pratica chi è stato causa del male presente e futuro, pretenderebbe di essere ora miracolato dai grilli parlanti che lanciarono le grida di allarme in tempi non sospetti.

Il consigliere Dino Ambrosino ha sottolineato come la maggioranza, definendo meramente “improduttivo” qualsiasi cespite a disposizione, pensa di ritenersi legittimata e patentata a svendere tutti i terreni, fabbricati, quote, azioni e macchine a disposizione. Ha ricordato come “improduttiva” è allo stato attuale, ciò che dovrebbe, invece, grondare oro, ossia la partecipazione di Procida Navigando: piuttosto che distribuire dividendi, presenta

solo oneri e passività. Purtroppo le ricette per saldare tempestivamente le buste paghe dei comunali nei prossimi anni sono poche e dolorosissime.

E’ amaro sciorinare i tristi dati numerici di una fallimentare gestione politica che lascerà alle future generazioni montagne di debiti impossibili da scalare, ma ricordarlo a chi si è ostinato per decenni a votarla è senz’altro terapeutico, onde evitare una diabolica perseveranza.

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